Nella cattedrale di Alobaça, in Portogallo, le navate laterali sono altissime e bianchissime, costruite con magnifiche pietre bianche dal taglio perfetto.
Viene voglia di accarezzarle.
Le guardo con ammirazione, starei per dire che le contemplo, e così vedo che su alcune delle pietre ci sono incisi dei disegni strani.
Sono le marcas do canteiros cioè le sigle dei tagliapietre.
Se ne trovano un po’ dappertutto nelle cattedrali gotiche dei vari paesi d’Europa e sono certamente dei segni fatti per distinguere la provenienza della pietra stessa.
A noi contemporanei individualisti viene da pensare che il gesto di firmare la pietra nasca da un desiderio di protagonismo, una specie di “questo l’ho fatto io!”
La verità é nello stesso tempo più prosaica e più profonda.
Quelle cattedrali che avevano cantieri enormi, che andavano avanti per decenni, richiedevano quantità enormi di materie prime, soprattutto le pietre.
Tutti i tagliapietre della zona venivano coinvolti nella fornitura ed era necessario segnare le pietre non per la gloria ma per essere pagati per il materiale fornito.
Ogni segno corrispondeva a un laboratorio, una cooperativa di artigiani, un capomastro.
Dunque le marche nascono per una questione economica, di “vile denaro” e insieme, però ci parlano anche di una grande dignità.
I costruttori delle cattedrali non erano anonimi schiavi come quelli che costruirono Ninive o la grande muraglia.
Erano uomini che si erano liberati dalla servitù, che lavoravano in libertà e davano valore al loro lavoro.
Dunque quegli strani disegni incisi nella pietra parlano di libertà e di dignità del lavoro.
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